Quando si parla di investimenti sostenibili e responsabili troppo spesso si resta sul vago e, soprattutto per chi non è del settore, diventa facile fare confusione. Un fondo pensione o una società di gestione del risparmio (SGR) decidono di investire responsabilmente quando escludono dal proprio portafoglio i produttori di armi? Oppure quando acquistano azioni di un produttore di pannelli solari? Ha fatto chiarezza l’Eurosif (Forum europeo per gli investimenti sostenibili e responsabili), che nel 2012 ha pubblicato il European Sri study in cui vengono identificate sette strategie per investire responsabilmente. È bene ricordare che queste strade non si escludono a vicenda: un fondo può scegliere di seguire in modo incrociato due o più di questi criteri.

  • Investimenti tematici. Chi sceglie questa strategia (che in Europa, secondo l’ultimo rapporto Eurosif uscito nel 2018, è ancora la “cenerentola”) investe direttamente i propri capitali in aree legate alla sostenibilità: efficienza energetica, salute, contrasto al cambiamento climatico e così via.
  • Investimento “best in class”. Per investire responsabilmente in questo caso non ci si limita a escludere i “cattivi”, ma si fa un passo in più: si analizzano le società di un settore sulla base della loro attenzione alle istanze ambientali, sociali e di governance (Esg) e si selezionano quelle che ottengono le performance migliori.
  • Rispetto di norme e standard internazionali. Si sceglie di investire solo sulle imprese e sugli stati che rspettano determinate norme e trattati internazionali, come le Convenzioni dell’Onu o di altre sue agenzie (Unucef, Ilo, Unep).
  • Questo approccio – che rappresenta il 41 per cento delle masse gestite in Europa– consiste nell’escludere dall’universo dei possibili investimenti tutte le imprese che operano in settori che si ritengono non coerenti con la propria etica. Di norma per investire responsabilmente viene tagliato fuori il mondo delle armi, della pornografia, del tabacco e del gioco d’azzardo, ma alcuni investitori hanno scelto di dire no anche alla sperimentazione sugli animali, agli ogm, al nucleare.
  • Integrazione delle istanze Esg nell’analisi finanziaria. Gli asset manager allargano il campo della tradizionale analisi finanziaria, integrando anche le variabili ambientali, sociali e di governance. Ciò significa che non si ragiona più per compartimenti stagni, in cui da un lato ci sono le performance finanziarie e dall’altro lato il rispetto dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e così via: al contrario, le istanze Esg hanno un ruolo a pieno titolo nella decisione d’investimento e nei rendimenti finanziari attesi.
  • Si tratta della strategia più complessa, perché non ci si limita a scegliere dove allocare i propri investimenti, ma ci si impegna attivamente per far sentire la propria voce. Si parla di soft engagement quando l’investitore dialoga con il management della società e di hard engagement quando esercita il diritto di voto nell’assemblea degli azionisti, quando entrano in gioco tematiche sensibili a livello sociale e ambientale.
  • Impact investing. Si investe in aziende, fondi e organizzazioni con l’intenzione dichiarata di generare un impatto ambientale e sociale positivo e non soltanto di garantirsi un ritorno finanziario: rientrano in questa categoria gli investimenti in imprese sociali, social housing o in istituti di microcredito. Questo approccio non va confuso con la filantropia, che al contrario è una donazione a fondo perduto.

Panoramica sulle strategie di investimento sostenibile in Europa © Eurosif

(da LifeGate_pratica del 24 giugno 2021)

 

 

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